06 GENNAIO EPIFANIA DEL SIGNORE.

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TI ADORERANNO, SIGNORE, TUTTI I POPOLI DELLA TERRA.

  

  

Dal vangelo secondo Matteo.

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

  

  

 

Uno degli elementi più significativi che ha caratterizzato gli interventi del Concilio Vaticano II è indubbiamente il richiamo alla fondamentale unità della famiglia umana (cf ad es. GS, cap. II).

Verso quale universalismo?

«La presente generazione... ha visto crollare o restringersi gli ostacoli e le distanze che separano uomini e nazioni, grazie ad un accresciuto senso universalistico, ad una più chiara coscienza dell’unità del genere umano e all’accettazione della reciproca dipendenza in un’autentica solidarietà e grazie, infine, al desiderio — e alla possibilità — di venire a contatto con i propri fratelli e sorelle al di là delle divisioni artificialmente create dalla geografia o dalle frontiere nazionali o razziali» (Dives in misericordia, n. 10).

Alle soglie del terzo millennio, l’umanità si adopera per un universalismo culturale, ideologico, tecnologico... mai raggiunto finora. Ma quali mezzi ha a sua disposizione per raggiungere questo sogno? Si sperimentano molti metodi che hanno una parte più o meno grande di verità e di efficacia, ma che sollevano non pochi problemi. Si deve ricorrere alla forza? Ma l’esperienza di grandi imperi basati sulla violenza ci mette in guardia contro di essa. Occorre affidarsi alla coscienza universale del lavoro e della tecnica? Ma i principi di diritto, di cultura, ecc. su cui ci si fonda per realizzare l’unificazione del mondo, sono veramente i più profondi? Non trascurano deliberatamente un elemento irriducibile, cioè la persona? E il cristiano? Non ha la sua parola da dire? Il primo uomo che ha creduto nell’universalismo è secondo la Scrittura, Abramo, il padre delle nazioni. Dio gli promise che queste un giorno sarebbero state riunite nella sua discendenza, e il patriarca gli credette; fu il primo atto di fede fatto da un uomo. Ad Israele fu affidata la missione di riunire tutti i popoli nella discendenza di Abramo per realizzare così la promessa dell’universalismo. Israele credette di formare questa unità con l’attuazione di un certo numero di pratiche particolari: la legge, il sabato, la circoncisione... Al contrario, solo la fede di Abramo sarebbe stata capace di dare unità a tutti i popoli. L’annuncio di un nuovo popolo di Dio, a dimensioni universali, prefigurato e preparato nel popolo eletto, si realizza in Gesù Cristo nel quale converge e si ricapitola tutto il piano di Dio (Ef 1,9-10). In lui tutto ciò che era diviso ritrova l’unità. La venuta dei Magi dall’Oriente segna l’inizio dell’unità della grande famiglia umana, che sarà realizzata perfettamente quando la fede in Gesù Cristo farà cadere le barriere esistenti fra gli uomini, e nell’unità della fede tutti si sentiranno figli di Dio, ugualmente redenti e fratelli tra loro.

Questo nuovo popolo è la Chiesa, comunità dei credenti; attraverso i secoli essa realizza e testimonia la chiamata universale di tutti gli uomini alla salvezza per l’opera unificatrice di Cristo. E’ significativa la visione finale del Nuovo Testamento (Ap 7,4-12; 15, 3-4; 21,24-26): una moltitudine di razze, di popoli e di lingue, che salutano in Dio il re delle nazioni, e che abiteranno nella nuova Gerusalemme, dove l’umanità ritroverà la propria e definitiva unità. Facilmente ogni discorso sull’ «unità», in qualsiasi campo, rischia di essere frainteso. Spesso si pretende per unità una piatta uniformità: l’annullamento di ogni differenza individuale, un totale livellamento. Si inaugura così un sistema di facili etichette e di facili ostracismi. Chi non si adegua alla media viene bollato come estremista o come reazionario o come eretico. Eppure la diversità e la varietà dei caratteri delle nazioni sono la ricchezza dell’umanità. Anche il fatto che la Chiesa sia una ed universale non esclude che nel suo ambito possano coesistere «diversi modi» di vivere l’unica fede. Per troppo tempo la Chiesa è stata legata al mondo culturale occidentale e all’uomo bianco per calare il cristianesimo in stampi e categorie mentali tipicamente europei, ma la Chiesa di Cristo non può essere bianca o nera o gialla come non può essere proletaria o borghese o capitalista: le sue porte sono aperte a tutti. Il cristiano non può rifiutare aprioristicamente la novità o l’originalità per se stesse; deve prima verificare se esse non siano magari una nuova dimensione della fede nell’Unico Cristo. Molte esperienze attuali, che qualche volta scandalizzano i tutori dell’uniformità (non dell’unità), sono il segno del rigoglio della vita della Chiesa. Cristo ci dà la misura di ogni cosa: Ama Dio con tutto il tuo cuore, amatevi come io vi ho amato (cf Mc 12,30; Gv 13,34). Questa è la stella da seguire, per giungere al nostro autentico e unico centro di unità: «il mistero di cui (il Padre) ci ha fatti partecipi».

 

LITURGIA DEL GIORNO TEMPO DI NATALE

(7-12 gennaio) Liturgia delle Ore: II Settimana

  

7 L Il Padre ha dato al Figlio il regno di tutti i popoli. San Giovanni presenta lo stretto legame esistente tra fede in Dio e l'amore verso i fratelli: l'uno non può esistere senza l'altro.  1Gv 3,22 – 4,6; Sal 2,7-8.10-11; Mt 4,12-17.23-25.

Appuntamenti:

ore 21,00 Catechesi Parrocchiale.

  

8 M Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. Il Divin Maestro non si preoccupa solo di annunciare la Buona Notizia del Regno, ma anche di venire incontro alle necessità di chi lo segue, come mostra la moltiplicazione dei pani. 1Gv 4,7-10; Sal 71,1-4.7-8; Mc 6,34-44.

  

9 M Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. La vita cristiana non può fermarsi a un semplice darsi da fare, seppur con le migliori intenzioni e ottimi risultati, ma ha bisogno della preghiera che fa penetrare nell'amore del Padre. 1Gv 4,11-18; Sal 71,1-2.10-13; Mc 6,45-52.

  

10 G Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra. Oppure: Benedetto il Signore che regna nella pace. Tutto quanto è stato annunciato nell'Antico Testamento trova la sua realizzazione: Gesù viene in modo particolare per i poveri, per gli oppressi, per tutti i piagati nel corpo e nello spirito, per chi lo sa accogliere. 1Gv 4,19 – 5,4; Sal 71,1-2.14-15.17; Lc 4,14-22a.

Appuntamenti:

ore 21,30 Luce nella notte: Adorazione Eucaristica.

  

11 V Celebra il Signore, Gerusalemme. L'annuncio che Gesù è venuto a portare si manifesta anche in gesti esteriori come i miracoli che manifestano la sua azione secondo la volontà di Dio. Santa Liberata. 1Gv 5,5-13; Sal 147,12-15.19-20; Lc 5,12-16.

  

12 S Il Signore ama il suo popolo. Il credente non è più del mondo, ma appartiene solo a Dio e deve rifiutare quelli che possono essere gli idoli per poter possedere la verità che è Gesù Cristo.  1Gv 5,14-21; Sal 149,1-6; Gv 3,22-30.

   

   

ANNUNZIO DEL GIORNO DI PASQUA

 

Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.

Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.

Centro di tutto l'anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua

 il 31 marzo.

In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.

Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:

Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 13 febbraio.

L'Ascensione del Signore, il 12 maggio.

La Pentecoste, il 19 maggio.

La prima domenica di Avvento, il 1 dicembre.

Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi

e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

Festa di Gesù Crocifisso.

Considerato che quest’anno la seconda domenica di maggio (12 maggio) coincide con la solennità dell’Ascensione

la festa annuale in onore di Gesù Crocifisso sarà anticipata al 05 maggio (prima Domenica).

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

  

  

  

 
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